Risposta di Michele Di Blasio, Co-founder, Business Developer, Founder di Lacerba.io su Quora.it
Qualche tempo fa in un articolo su Millionaire venivano riportati i 7 consigli per diventare imprenditore di Christopher Michel (quello del sito di recruiting Monster.com, per capirsi e del fondo di investimenti Nautilus Ventures). La pubblicazione apparsa originariamente in un articolo su Huffington Post America, svelava quelli che secondo Michel, erano i passi da fare per avere successo come imprenditore.
Consigli che sicuramente si sono rivelati utili, ma che non possiamo definire come giusti o sbagliati. Ognuno ha la sua storia, ed in ogni grande passo, come il diventare imprenditori, dobbiamo essere noi stessi a convincerci di essere o non essere in grado, con tutti i rischi annessi e connessi.
Su Quora possiamo leggere le esperienze di tante persone che ci sono riuscite, che hanno fallito e ricominciato, o che piano piano riescono a raggiungere i propri successi. Il segreto sta nel fare, provare, testare, sperimentare e non avere assolutamente paura di fallire, perché il non riuscire al primo colpo può rivelarsi un grande insegnamento.
Oggi riportiamo l'esperienza di Michele Di Blasio.
Secondo l'esperienza di Michele, con già due startup alle spalle, ci sono dei punti che possono fare la differenza nel successo o l'insuccesso di un progetto.
Un'impresa si può costruire anche la notte, dopo giornate infinite in ufficio. Bisogna comunque crederci, nonostante il tempo a disposizione sembri poco. In molti non riescono a conciliare il lavoro con il creare qualcosa di proprio, e dopo essersi licenziati dal vecchio lavoro, investono tutto nel progetto.
Non importa come, ma devi prenderti il tempo necessario, quello che serve a te per migliorare, colmare lacune, sperimentare. Non esiste un lasso di tempo giusto o sbagliato.
La prima volta non sono riuscito a concentrarmi su ciò che poteva far crescere il business. Mi sono focalizzato su aspetti poco rilevanti, ho studiato molto il mercato, ma poco come si fa impresa.
Ho insomma sprecato tempo, pur avendone meno a disposizione. E avendone poco non sono riuscito a fare un percorso di crescita personale, prima ancora che della mia società.
Il primo consiglio è quindi: prenditi il tempo necessario per fare impresa.
Le competenze giuste non sono solo le proprie, ma quelle di tutto il team.
La prima volta eravamo 2 persone con la stessa identica formazione ed esperienze. Nessun co-founder tecnico, anche se il tutto girava attorno ad un’app mobile. La seconda eravamo io, un programmatore, un designer ed una marketer.
Come dicono i teorici del Lean Startup, per fare azienda serve avere internamente 3 competenze:
Il resto è in più, ma pensare dal giorno zero di esternalizzare queste funzioni è sbagliato, perché non si tratta solo di costruire qualcosa 1 volta e stop. Fare impresa è un percorso lungo, e mettere in mano ad esterni, componenti fondamentali della tua startup è davvero tanto rischioso.
Il secondo consiglio quindi è: trova le persone con le competenze giuste per affiancarti, e studia tanto per imparare a gestirle con una visione d’insieme.
Nel prima esperienza di startup, abbiamo cercato consulenza da avvocati, commercialisti e altre figure di alta fascia, che però di tecnologia e startup capivano poco o nulla.
Nel secondo abbiamo chiesto alle persone che facevano impresa come muoverci. Abbiamo vissuto a Berlino, abbiamo fatto i volontari agli eventi di startup, intervistato 60 imprenditori italiani nel mondo, abbiamo insomma cercato di avvicinarci a questo mondo osservandolo con gli occhi di chi già ne faceva parte.
Questo ha aiutato tantissimo a capire le esigenze e le priorità. Il bello di questo mondo è che con due gradi di connessione puoi arrivare a chiunque, e chiunque è disposto a parlarti senza problemi.
Sfruttare questa cosa, in Italia e all’estero, significa avere una marcia in più da utilizzare e sfruttare per il proprio business.
Insomma, parlare con più persone possibili, cercando di carpire informazioni fondamentali per non ripetere sbagli che più o meno tutti in questo settore, fanno.
Dalle nostre parti devi fatturare se vuoi sopravvivere. Se vuoi fare un’app da milioni di utenti per poi capire come monetizzare la tua idea, l’Italia non è il mercato giusto. Se non altro perché non ci sono proprio abbastanza clienti per arrivare a quei numeri.
Se da una parte è fattibilissimo anche da qui, mettere su una società basata negli USA, con servizi come ad esempio Stripe Atlas, e rivolgersi ad un mercato globale; dall’altra non è facile crescere dove la competizione è così alta, e con lei i costi di acquisizione dei clienti.
Se quindi vuoi testare la tua idea qui, per poi espanderti all’estero, devi capire come fare soldi fin dall’inizio. E del resto il fatto che qualcuno sia disposto a pagare per la tua soluzione, è un’importante forma di validazione, da inseguire e non trascurare.
La prima volta abbiamo investito tanto e raccolto zero, perché non avevamo un’idea chiara di come monetizzare.
La seconda abbiamo cercato di monetizzare ancor prima di avere un prodotto. E questo non ha fatto la differenza perché siamo diventati ricchi, ma perché abbiamo avuto la prova che quello che stavamo facendo, aveva un senso per i potenziali clienti. Andava migliorato, certo, ma trasmetteva valore.
Il consiglio quindi è di non avere paura a chiedere di essere pagato per il tuo prodotto o servizio, perché il pagamento è una delle più alte forme di validazione che potrai ricevere dal mercato.
Il prodotto lo fanno i tuoi clienti, non tu. Se vuoi offrire valore ed essere pagato, devi dare alle persone quello di cui hanno bisogno, ed il miglior modo per farlo è chiedere direttamente a loro cosa produrre, o capirlo dai dati, che puoi e devi raccogliere.
Nel primo caso siamo usciti sul mercato con un’app piena di funzioni inutili che ci piacevano, nel secondo abbiamo fatto un mini prototipo (il famoso MVP) e poi abbiamo iniziato a:
- tracciare i dati per noi importanti ad ogni livello del funnel sulla piattaforma;
- chiamare ogni singola persona che si iscriveva per capire come si era trovata, cosa gli era piaciuto e cosa no.
Basarsi su dati, qualitativi e quantitativi, ci ha permesso di capire come ogni miglioramento poi impattava sul processo, per scartare ciò che non funzionava e potenziare i punti di successo.
Warren Buffet diceva: “price is what you pay, value is what you get”.
Bisogna farsi pagare, vero, ma per il valore che offriamo, non a caso. E l’unico modo per capire se, come e quanto valore stiamo offrendo; è avere piena consapevolezza di come le persone interagiscono con il bene o servizio offerto.
Fin dall’inizio, datti quindi obiettivi concreti e misurabili, e poi devi avere il coraggio di seguire le indicazioni che i dati raccolti ti forniscono, piuttosto che affidarti solo al tuo istinto.
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Evitare gli errori dei 5 punti precedenti è stato il frutto della riflessione post-fallimento. Senza il fallimento non so se ci sarebbe stato un apprendimento, e credo che sia stato necessario sbagliare prima di creare qualcosa di più duraturo.
Perché sbagliare mi ha spronato, invece di abbattermi.
Lo studio del fallimento di un progetto, ti dà la conferma che vuoi fare impresa, più di ogni altro lavoro. Non basta avere una bella idea e tanto entusiasmo.
È quindi necessario fallire? No. È necessario sperimentare, buttarsi, cercare conferme dal mercato e non da un foglio Excel con il business plan. Prendere ogni caduta come il semplice risultato di un esperimento, che ci permetta di crescere.
Quindi se vuoi fare impresa, inizia subito! Sporcati le mani, fai esperienza, cerca di capire insomma se sei la persona giusta per sviluppare la tua idea.
Questa risposta è apparsa originariamente su Quora: Qual è il vostro miglior consiglio per gli aspiranti imprenditori?